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Consigliamo Il segno dei quattro di Arthur Conan Doyle
Johnny Gray è finito al fresco per alcuni mesi. Egli, come tutti i carcerati, si professa innocente, ma quanti ragazzi al fresco lo sono veramente? Peter Kane fu ladro, ora felice di stare in pensione, la cui unica preoccupazione è l’amata figlia Marney che, tra poco, si sposerà con l’ufficiale canadese, il capitano Floyd. Johnny Gray vuole trovare chi l’ha incastrato e ama, ancora, la bella Marney. Peter Kane verrà messo in mezzo, insieme a Johnny, in una storia di soldi falsi. Emmanuel Legge vuole vendicarsi di Peter Kane perché, a suo dire, è lui che l’ha incastrato, condannandolo a quattordici anni di reclusione. Jeff Legge, il figlio di Emmanuel, si scoprirà essere il maggiore Floyd. Jeff Legge verrà sparato alle spalle nella stanza numero tredici, ma si salva. Ma chi ha sparato? E c’è un grande falsario, in mezzo ai protagonisti, chi sarà?
Il libro di Wallace ricorda un libro noir, senza esserlo ma anche un giallo classico, senza esserlo. La narrazione è avvinta attorno alla trama e i personaggi non sono in alcun modo caratterizzati.
Le motivazioni che spingono i personaggi all’azione sono superficiali e, talvolta, ben poco plausibili. L’unico sentimento che Wallace sembra riconoscere come valido movente per il male è la vendetta. Egli, in effetti, è il cantore di questo triste, sebben popolare, tratto caratteristico di alcuni esseri umani: Gray vuole vendicarsi di chi l’ha incastrato, come Jeff Legge vuole vendicarsi di chi ha fatto soffrire il padre e Emmanuel Legge, padre di Jeff, vuole a sua volta vendicarsi di Peter Kane il quale, a detta di Legge, l’aveva fregato mentre il ladro Fenner vuole vendicarsi di Emmanuel Legge perché l’aveva incastrato. Tutto un giro in modo tale che ciascun personaggio abbia un movente solido quando, in realtà, risulta il tutto un po’ forzato, meccanico e molto implausibile, sia sul piano delle motivazioni astratte per l’agire che di quelle concrete.
Non ci troviamo di fronte ad un buon libro giallo né ad un buon libro noir: francamente, c’è da rimaner delusi dalla lettura di quest’opera, a parte l’interesse, da un punto di vista di storia della letteratura poliziesca, per un libro che non è né noir né giallo “classico” pur avendo molte qualità dell’uno e dell’altro ma non le loro peculiarità distintive: ci vorrà ancora un po’ di evoluzione per separare i due filoni narrativi. Un libro del quale, comunque, ci si disfa in pochi giorni, l’unico pregio, ammesso che la velocità di consumo sia, di per sé, motivo di vanto.
EDGAR WALLACE
LA STANZA N. 13
NEWTON & COMPTON
PAGINE 130
belloo il riassunto mi ha servito
Grazie Maria,
Spero che sia stato davvero utile e non solo un modo di dire ironico! 😉
molto bello hai avuto ragione ed e cosi il romanzo di Edgar Wallace e un romanzo complicato e non molti di noi riusciamo a capirlo