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Dopo un’avventura straordinaria, E. Prendrick, il protagonista del romanzo scrive il suo resoconto più per cancellare i propri fantasmi che per esser creduto. La sua storia, infatti, è talmente assurda, al limite dell’immaginabile che nessuno sarebbe disposto a dargli credito. Naufragato dalla sua imbarcazione, messosi in salvo con altri due compagni, si ritrova ben presto da solo: i due s’ammazzarono a vicenda buttandosi dalla barca, contendendosi un tozzo di pane e un po’ d’acqua. Nella scialuppa, lasciato solo, il protagonista arriva quasi al termine della vita quando viene salvato da un brigantino in cui regnava una sorta di anarchia. Il capitano era perennemente ubriaco e di natura iraconda. Il Nostro amicizia con un certo Montgomery, un uomo dal labbro pendulo, imbarcato per trasportare degli animali esotici su un’isola sperduta, un medico con il quale il Nostro non riesce a giungere ad un livello di intimità maggiore. Compagno di Montgomery era uno strano personaggio, difficile da definire per via della sua strana costituzione fisica. Costui non era semplicemente anormale, era orrendamente deviato addirittura nella sua anormalità e, in qualcosa, assai vicino ad una bestia. Era insano e dai comportamenti assai curiosi sebbene difficile definirsi. Quando stanno per arrivare ad un’isola sperduta, il protagonista viene informato che Montgomery sbarcherà proprio lì e lui sarebbe rimasto solo in balia di quell’orda marinara terribile e pericolosa. Il capitano, preso da un accesso d’ira e odio, intima a Prendrick di scendere dal brigantino e, se non l’avesse fatto, avrebbe comandato di buttarlo a mare. Il protagonista chiede aiuto a Montgomery e il permesso di menarlo con sé, stranamente, Montgomery gli nega risolutamente tale possibilità. Alla fine, dopo aver rischiato la vita, Montgomery salva il Nostro e lo porta con sé. A malincuore, come ci tiene a far presente. L’isola aveva una specie di accampamento con recinto dove il Nostro viene fatto alloggiare e per la prima volta fa la conoscenza del dottor Moreau.
Tuttavia, la prima notte la passa nell’angoscia a causa di urla disumane e terribili: il puma, uno degli animali che Montgomery aveva portato, era stato evidentemente torturato. Il terrore, l’angoscia atavica e il disgusto invade il protagonista che arriverà a scoprire una per una le distorsioni di quel posto infernale. Alla fine sarà costretto a vivere insieme agli uomini-bestia e chissà come riuscirà a cavarsela.
Il romanzo di H. G. Wells è un raro capolavoro in cui gli influssi della letteratura gotica (impossibile non pensare a Poe) permeano e si fondono nella copiosa letteratura d’avventura amatissima nel mondo anglosassone (soprattutto tenendo a mente le opere di Stevenson, un precursore di questo modo di scrivere). Avventura, oscurità e fascino del genio sono le tre componenti fondamentali di un viaggio visionario all’intero dell’animo umano. Il libro scava dentro il lato bestiale in senso fisico e metafisico di noi, esseri su due gambe ma interiormente così legati alla terra.
I personaggi del libro sono cinque: il protagonista, Montgomery, il dottor Moreau, gli uomini bestia e l’isola. Il protagonista rappresenta l’uomo dotato di ragione e buon senso, senza per questo essere di genio. Egli è l’individuo umano più positivo perché non cattivo ma neanche ingenuo o inerme di fronte alla sorte. Solo un uomo d’intelligenza adattiva poteva sopravvivere, in qualche modo, a tutte le peripezie mortali a cui veniva chiamato e non solo fisiche ma, soprattutto, psicologiche. Montgomery rappresenta l’uomo qualunque, incapace di avere una propria visione delle cose, totalmente succube di quel genio amorale che è il dottor Moreau. Dominato per sua stessa volontà dallo scienziato, essendo questo amorale, assume anch’egli questa condotta di vita, sebbene mai del tutto così indifferente da renderlo immune dalla sofferenza psichica che ogni sudditanza implica. Accetta qualunque nefandezza, tortura e assurdità a patto di poter attingere alla fonte stessa dell’anestesia: l’alcool. Solo attraverso l’ottundimento della mente attraverso il corpo l’uomo può sopportare la sua stessa schiavitù, rendendolo così doppiamente vincolato e reificato da bramare di essere egli stesso un mezzo ma non fine. Il dottor Moreau è un personaggio cupo e magnifico, un dio mediocre ma, pur sempre, un dio. Egli è un vivisezionista e, se volessimo parafrasare in termini più attuali il suo ruolo, egli è un biologo che manipola gli animali fino a farli diventare uomini: prende pezzi da varie bestie e ne modifica anche la struttura cerebrale per farli diventare simili in tutto agli uomini. Dalla materia animale tira per i capelli un uomo. Ma egli è un dio impotente e non può che dar forma a esseri mai pienamente compiuti, sebbene simili agli uomini fino al punto di dargli il potere della parola. Un dio mortale non può dar vita a forme realmente superiori e il suo genio amorale lo conduce non solo a non dare alcuna rilevanza al dolore fisico dei suoi oggetti di esperimento ma pure alle sue creazioni finali. Il suo unico motivo per fare tutto ciò è spingere oltre ogni misura la scienza della vivisezione, senza porsi nessun tipo di scrupolo sull’utilità o sulla legittimità di tali operazioni. Gli uomini bestia sono tutti in gruppo un’umanità composita e non priva di intelligenza, sebbene sempre in modo deviato. Essi sono un’umanità sperduta ed abbandonata a se stessa ma capace di comunicare e formare una sorta di comunità. Scoprendo che i loro istinti animali, se non castrati da un dominio di tipo razionale o superstizioso (a seconda di come la si voglia vedere), il dottor Moreau e Montgomery furono costretti a escogitare una specie di morale religiosa per tenere a bada il potenziale pericolo, rappresentato proprio dalla progressiva depravazione di questi esseri mostruosi. In fine, l’isola rappresenta l’ambiente estremo, ostile ma, allo stesso tempo, bellissimo e terribile in cui sentiamo tutti la nostra stessa natura animale risvegliarsi e reclamare quel mondo al quale appartenevamo.
Personaggi, uomini bestia e ambiente assurgono ad immagine universale dell’essere umano, che dalle tane diventa razionale per poi voler ricreare se stesso. Il senso di inquietudine non si prova solamente a causa della trama e dei pericoli in cui finisce il personaggio principale, ma pure perché quegli uomini bestia ci sono così familiari e vicini che la straordinaria conclusione del romanzo pare dare un’immagine di concretezza finale e definitiva in tutti i sensi del nostro universo di umanità mediocre: in fondo, siamo noi gli uomini bestia.
Wells dimostra tutta la sua visionaria genialità in un libro da leggere in un giorno per la sua potenza narrativa e profondità metaforica. Tenendo in pugno le parole come fossero esseri inoffensivi, dipinge l’impressione stessa del nostro mondo cupo. Magnifico.
WELLS HERBERT GEORGE
L’ISOLA DEL DOTTOR MOREAU
MURSIA
PAGINE 200 (CIRCA).
EURO 9,30
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