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Cosa è ScuolaFilosofica?

ScuolaFilosofica (SF)

è un progetto che ha come Ideali:

  • Diffondere la Cultura e la Ragione in ogni forma.
  • Dare spazio a tutti coloro che hanno voglia e facoltà.
  • Fornire risposte per ogni segnalazione ricevuta.
  • Creare un buon portale di filosofia analitica.

Il Nostro ideale è quello di proporre una libera diffusione di materiali scelti e di fornire un punto di contatto tra persone interessate alla discussione delle proprie idee e opinioni, in piena libertà e in linea con la responsabilità che ogni intervento richiede. Il nostro Ideale impone tale responsabilità, ed è sostenuta nella convinzione che Conoscenza e Democrazia debbano passare anche attraverso portali liberi da Istituzioni e da qualunque barriera che non favorisca il libero accesso ai contenuti della Ragione.

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La “Via della Seta” per cui Venere nasce da un sole di stracci

Alla Biennale di Venezia 2024, presso la sezione dell’Arsenale è visitabile il Padiglione Nazionale dell’Uzbekistan, avente gli allestimenti dell’artista Aziza Kadyri. Esteticamente, a lei preme una dialettica fra l’appartenenza ad un segnale (secondo la teoria) ed il condizionamento da una guida (secondo la prassi). Ad esempio: quanto una cultura nazionale potrà essere interpretata liberamente? A livello sociale la mitologia sviluppa l’appartenenza, mentre a livello individuale l’identità sviluppa il condizionamento. Va ricordato che nei Paesi dell’Asia Centrale (come l’Uzbekistan) c’è la tradizione della migrazione, dal nomadismo della tenda (chiamata yurta). Nell’allestimento di Aziza Kadyri accade che l’abitabilità ha una teatralità. Le donne subirebbero il pregiudizio culturale d’un confino al < tutta casa e chiesa >. Loro, lavorando sul tessuto (chiamato suzani) porterebbero virtualmente in dote un sipario dei capelli. Questo condizionerebbe anche il visitatore della mostra, quantunque preservandogli il diritto all’indipendenza fra l’entrata e l’uscita. C’è un allestimento a gioco di specchi. Il visitatore ha anche una guida nascosta, giacché ripreso da una telecamera. Il suo volto è sovrapposto ad una rielaborazione del suzani, da parte dell’intelligenza artificiale. I pregiudizi culturali diventano teatrali al condizionamento delle aspirazioni private. Ad esempio s’imporrà alla donna di lavorare a casa per allontanarla dall’emancipazione politica: se lei la ottenesse, i suoi diritti si rinnoverebbero per “corredo” esponenziale. Il visitatore è libero, ma anche circuito dai segnali a causa del turismo, tramite cui la pubblicità migra. Dormendo nella yurta, si percepirà un esproprio al < tutto casa e museo >. Pertanto gli allestimenti di Aziza Kadyri coordinano il ricamo affinché questo condizioni dallo specchio. I pregiudizi culturali circuiscono anche negativamente, instillando il dubbio che una loro critica non possa mai attecchire. In filosofia politica, il radicalismo decostruisce l’appartenenza alla nazionalità. Se il nomade gira, rispetto a lui l’antropologo girerebbe… a vuoto, identificandosi come un giudice imparziale. Ma nell’allestimento di Aziza Kadyri la novità dell’intelligenza artificiale non sarà soltanto da consultare. Essa ricombina parecchio: ad esempio perché il volto umano ha i “ricami” dell’indole, fra la schiettezza e l’ipocrisia.

La ferrovia d’un altoparlante per trivellare le stelle (i Nativi Americani alla “Biennale di Venezia 2024”)

A Venezia, dal 20 Aprile al 24 Novembre, si segnala una coppia d’artiste, le quali espongono, separatamente, rappresentando la cultura dei nativi americani: Erin Genia (per il popolo dei Sisseton Wahpeton Oyate, dal Dakota del Sud) e Kay Walkingstick (per il popolo dei Cherokee, dall’Oklahoma). Bisogna ricordare che l’evento “collettore” della Biennale è stato ufficialmente denominato Stranieri ovunque. Erin Genia espone un’installazione; Kay Walkingstick invece lo fa con la pittura. I nativi americani si tramandano una variegata mitologia, che la storiografia occidentale rischia di confinare al paradosso laicistico della libertà, con la caratteristica riserva. A Venezia, Erin Genia espone per la collettiva d’artisti Personal Structures, che è allestita presso il Palazzo Mora. La sua installazione s’intitola Cultural emergency response vest, e concerne la tessitura per le tribù diffuse dei Dakota. Kay Walkingstick partecipa direttamente alla Biennale di Venezia, presso la sezione dei Giardini. Lei dipinge ad olio su pannello, raffigurando paesaggi del Far West (sebbene senza la traccia dell’uomo): dal Montana, dall’Arizona, dall’Idaho ecc…

VENERE IN CORNICE – La cascata della panchina ed il boomerang della scalinata / The waterfall of the bench and the boomerang of the staircase

Per Neruda, le onde nei campi solari di grano “discorrono” col treno fugace, parendo questo come all’ombra d’una cascata. Il viaggio ci permette di scoprire nuovi mondi. Ma noi saremo anche socievoli, raccontando qualcosa riguardo la nostra provenienza. Liza ha posato per uno scatto al bianconero. Lei è alla stazione ferroviaria, seduta sulla panchina in uno “scambio” virtuale fra le gambe e le doghe. Infatti il corpo appare scomposto, ma per favorire il glamour. La “propagazione ondulatoria” delle doghe si percepirebbe perfino ipnotizzante. C’è la “cascata” dei capelli biondi, oltre la “rapida” della spalla destra. Lo sguardo ha una “seriosa” intensità… che “si racconterà”. La mano destra, in apparenza “cedevole” per amichevolezza, potrebbe “sbandierare” un ˂ alt! ˃, quantomeno rispetto al dare la precedenza per la triangolazione delle gambe. Un viaggio dall’anello distorto (considerando le doghe) presuppone simbolicamente una dialettica: dalle pre-comprensioni personali alle terze vie.

Natalia Ginzburg, “La città e la casa” – Una nota linguistica

Esame linguistico del medium epistolare

 

  • 1. Introduzione e status quaestionis:

Sin dalla pubblicazione del romanzo epistolare La casa e la città (1984) di Natalia Ginzburg (1916-1991), la critica ginzburghiana ha concentrato la propria lente d’esame sulla questione spaziale, una dimensione senz’altro centrale nei romanzi della Ginzburg, accentuata dalle indagini critiche che hanno fatto seguito alla spatial turn: «La svolta “spaziale” […]. Un’inversione di tendenza, iniziata negli anni Novanta in ambito soprattutto Statunitense, e poi a partire dagli anni Zero giunta anche in Europa» (Tortora 2022: 281), un incrocio delle direttrici di ricerca tra critica letteraria e geografia, in questo caso nella sua indagine urbana. La critica che ha abbracciato la spatial turn ha visto nomi eccelsi, tra cui quelli di Pierre Bourdieu, Edward Said ed Edward Soja: un compendio dei critici della spatial turn è presentato da Enric Bou (2020: xi), e da Massimiliano Tortora (2022) in maniera ancor più dettagliata. Il contributo di Bou si inserisce nell’ambito degli studi di Emanuela Forgetta (2022) sulla questione degli “spazi urbani”, andando ad arricchire un patrimonio già notevolmente ricco di studi in prospettiva “spaziale” sui romanzi della Ginzburg.

Si inserisce in tale schiera di studi anche il contributo di Elisabetta Mondello (2017) che, pur contribuendo alla questione “spaziale”, non tralascia di sollevare all’attenzione della critica anche la questione linguistica della letteratura ginzburghiana. Lo status quaestionis degli studi linguistici su Natalia Ginzburg ha visto contributi importanti da curatori di edizioni, tra cui spicca quella di Cesare Segre di Lessico famigliare (2010), a cultori della lingua letteraria, tra cui Eugenio Montale, che ha parlato, in proposito, della «arte sua [della Ginzburg, N.d.R.] di mimare la cadenza del chiacchiericcio» (1963: 7). Le analisi linguistiche hanno coperto in particolare Lessico famigliare, e le sue «forme verbali idiolettiche» (Casadei 2013: 11). Si segnala inoltre il contributo di Elina Suomela-Härmä (2003) in analisi dell’uso di Natalia Ginzburg dei pronomi allocutivi. Il presente saggio si propone l’obiettivo di approfondire un’analisi linguistica del romanzo epistolare La città e la casa, ponendo in luce l’arte ginzburghiana della strutturazione del medium linguistico epistolare.

VENERE IN CORNICE – L’elasticità dei sogni al suprematismo d’una spallina che fa sudare una tuta della bocca / The elasticity of the dreams at a suprematism of a shoulder pad that allows a tracksuit of the mouth to sweat

Dal lirismo di Max Walker, i sogni sarebbero stati sudaticci, in una sorta di cruda muscolatura per il lenzuolo della notte. E’ impossibile dormire senza coprirsi… Se uno ci provasse, presumibilmente lo farebbe contro la sua sudorazione! Al di là dei desideri intimi, i sogni elasticizzano uno scivolamento della mente (senza la concatenazione logica). L’artista Emilia è stata inquadrata innanzi ad un suo dipinto. Lei assume una posa dalla destrezza irrigidita (paradossalmente): con le braccia conserte e le gambe a cambio di marce, quasi a pennellare. Il dipinto ha una figurazione che noi percepiamo surrealistica. Le forme vegetali ed animali si adatterebbero ad una “muscolatura” delle terre, e facendo “sudare” l’aria da respirare. Il fondale nero conferma l’ambientazione all’onirismo (dalla notte). Normalmente nessuno associa l’elasticizzazione alle terre emerse. Ma queste hanno i loro abissi (dal carsismo). Forse l’evoluzionismo delle specie viventi dovrà raggiungere, al proprio apice, la dimensione dell’immaginario? Emilia porta i pantaloni sportivi, quindi flessibili. Questi sono pure decorati da un “crepaccio solare”, tramite la banda arancione.

Il surrealismo d’una battaglia navale per l’oblò dell’occhio

Durante la Biennale di Venezia 2024, si può visitare alla sezione dell’Arsenale il suggestivo Padiglione Nazionale di Malta, con le installazioni dell’artista Matthew Attard. In particolare, la sua mostra s’intitola I will follow the ship, sotto la curatela di Elyse Tonna e Sara Dolfi Agostini. Esteticamente, con l’aiuto dell’intelligenza artificiale si conferisce una rotta all’occhio umano. Fenomenologicamente, l’impressione è fluttuante. Questa inizia a stabilizzarsi tramite la memoria da esplorare. Il bulbo oculare non è retrattile nel volto, ma si scuoterebbe come un timone passando dall’attrazione al desiderio, in chiave psicanalitica. La navigazione avviene in seguito, quando addirittura si trasforma l’appagamento, sul realismo. Il desiderio è razionalizzato dall’utilità. Matthew Attard ricorre alla tecnologia digitalizzata dell’eye-tracker per consentire ai graffiti navali di salpare, virtualmente. Il desiderio dell’archeologo è risvegliato dalla contestualizzazione storica. Tramite questa, si poteva accettare la dura vita del pescatore, per esempio. Il graffito navale in chiesa fungeva quasi da amuleto, materializzando un occhio come specchio dell’anima con l’impressionismo della fede. Si scongiuravano le brutte tempeste! Specialmente, all’artista interessa la “rotta” dell’ex voto (col ricordo funzionale ad una stabilizzazione). La moderna meteorologia ha migliorato l’affidabilità delle proprie previsioni. Ma resta emozionante immaginare che la lente del vecchio cannocchiale (senza il radar digitalizzato) perda improvvisamente l’orientamento della costa. Un uomo in mare va sempre salvato. In genere, s’ammette che la nave goda dell’immunità politica, perdendo il proprio Stato fra le acque internazionali. Al massimo, quella sarà seguita dalla capitaneria di porto. Per il futuro, il cambiamento climatico comporta l’innalzamento delle acque. La lungimiranza della politica richiederebbe che s’esplorassero nuovi posizionamenti: ad esempio tramite le isole artificiali. Molte di queste sono tracciate riproducendo figure comuni (astratte o viventi), quantunque cedendo al marketing. Nella contemporaneità la digitalizzazione lancia continuamente il suo “amo” in un “oceano” dell’informazione. Pure ispirandosi a questo, l’artista ha scelto di disegnare attraverso un tracciamento oculare.

The Natural Order of Money – Roy Sebag

The Natural Order of Money – Roy Sebag

Economics was time ago dubbed as the ‘sad science,’ because of its intrinsic predictive limitations, in spite of its colossal mathematical foundation. In this regard, economic libraries seem to disprove Galileo’s abused saying that ‘the book of nature is written in mathematical language.’ It might be so only because we, humans, so decided.[1] Alas, portions of this book do not seem to respond very well to mathematics.[2] Marxists and neo-Keynesians differently embraced the need to change economics in a ‘happy’ science, finally able, as all the rest of the successful sciences, to predict future facts and events through mathematical calculations over axioms and logical derivations. They tried the endeavor differently.

Dire, fare e baciare dalla terra madre alla ruggine spettrale

Alla Biennale di Venezia 2024, si può visitare il Padiglione Nazionale di Timor Est, con l’installazione in site-specific dell’artista Maria Madeira, la quale s’intitola Kiss and don’t tell. La curatela è di Natalie King, una professoressa australiana, e presso lo Spazio “Ravà”. Timor Est divenne indipendente dall’Indonesia nel 1999. Tornatavi, Maria Madeira dormiva in una stanza piena di segni colorati, lungo le pareti, all’altezza delle ginocchia. Lei era fuggita da bambina, con l’evacuazione durante l’invasione indonesiana. A Timor Est, le donne rimaste subivano l’umiliazione di mettersi il rossetto, in ginocchio, per poi baciare i muri.

L’oasi umile ma reale del porto non è un paradiso appena transitorio

Alla Biennale di Venezia 2024, sino al 24 Novembre è visitabile il Padiglione Nazionale dell’Oman, presso il Palazzo Navagero, avente le opere degli artisti Alia Al Farsi, Ali Al Jabri, Essa Al Mufarji, Sarah Al Olaqi ed Adham Al Farsi. La loro mostra s’intitola Malath – Haven. La traduzione dei due termini, fra la lingua araba e quella inglese, eleva l’oasi “umile” ma reale del porto al rango di paradiso non solo intermedio. Ricordiamo anche che la Biennale di Venezia 2024 s’intitola Stranieri ovunque. Tradizionalmente l’Oman è considerato molto ospitale, coi suoi giardini (contraddicendo l’immaginario collettivo, riguardo la desertificazione della Penisola Arabica). Noi lo percepiamo di passaggio, fra l’Oriente e l’Occidente. Se la teoria parte da una condizione per cui si è stranieri ovunque, allora l’Oman alla prassi sviluppa l’ammissione per cui si accoglie chiunque sosti. Ovviamente nessuno desidera andarsene da un paradiso. Ma la vita comporta l’ineluttabilità d’una transitorietà: dalla nascita alla morte. Quindi il paradiso intermedio (come per l’Oman) ci spinge ad una comprensione, trasformando la finitudine (negativamente) in socializzazione (positivamente). Chi accoglie gentilmente, può abituare ad affezionarsi. Magari l’Oman diventerà una sosta in cui ritornare, per motivi privati e senza fretta (aggiungendo il godimento). Virtualmente dal suo “gomito” a “sestante”, ad est della Penisola Arabica, il marinaio scandirebbe la tabella di marcia, per un servizio commerciale. Normalmente nessuno immagina che il porto possa verdeggiare, come un giardino. Al contrario l’acqua blu dell’oceano avrebbe le onde ristagnanti, passando dalle dune alle lamiere d’un container. L’arte permette “magicamente” di sospendere la finitudine umana (spesso al “palliativo” dei pregiudizi culturali per “tiranti”). In Oman, quella addirittura trasformerà il porto: appunto in giardino. Alla miniatura immaginiamo una tenda d’artigianato locale, per riposare liberamente al vento, la quale ramificherà le radici, appena ingabbianti, delle ancore seriali (siccome le catene devono rispettare le misure internazionali). A Venezia, la mostra Malath – Haven è curata da uno degli artisti: Alia Al Farsi.

VENERE IN CORNICE – Il glamour che riesce a trivellare la ghiaia del sole / The glamour which is able to drill the gravel of the sun

Per Kerouac, è meglio dormire liberi in un letto scomodo che dormire prigionieri in un letto comodo. Si conferma l’estetica dello on the road, al vitalismo dell’avventura. Giulia è stata inquadrata dentro una casa di pietra più in rovina che solo pericolante. Lei ci dà le spalle, reggendosi agli stipiti d’una porta assente (che forse nessuno avrebbe mai montato). Sullo sfondo, il pendio boscoso suggerisce un ambiente montano. Spiace sempre lo spopolamento dei vecchi borghi, mancanti dei moderni servizi, in favore del caos cittadino. In primo piano c’è una sorta di “brandina sepolcrale”, col marmo a rimpiazzare il materasso. Ma Giulia fortunatamente l’avrebbe abbandonata, sgranchendo le braccia per accogliere la luce del sole. Più che un risveglio diventa una trasfigurazione, col corpo a sorvolare grazie al “salto con l’asta” (dai due elementi al lato sinistro del varco).